Il testamento di Santo Amato Ronconi
«Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, nell’anno dalla sua nascita milleduecentonovantadue, indizione quarta, regnando il papa Nicolò IV, nel giorno 10 del mese di gennaio.
L’uomo onesto e religioso fratel Amato, del terz’ordine di san Francesco, del castello di Saludecio (San Laudicio), proprietario e fondatore dell’ospedale della beata Maria di Monte Orciano di detto castello, nel timore del santo dell’onnipotente Iddio e della beata Maria, di tutti i santi e sante e del beato Benedetto, genuflesso, le mani giunte, i piedi scalzi, prostrato con somma devozione e riverenza davanti all’altare della suddetta cappella della beata Maria del predetto ospedale, di suo pieno consenso e con libera volontà, spontaneamente e irrevocabilmente, nelle mani di dom Salvo suo consanguineo, monaco del monastero di San Giuliano di Rimini, e di fratel Nicola dello stesso ordine di san Benedetto, offrì se stesso come monaco, e fece donazione dell’ospedale predetto, della cappella che egli, fratel Amato, aveva costruito coi beni propri ad onore della natività di Maria Vergine, e di tutti i suoi beni per uso ed abitazione dei monaci dell’ordine di san Benedetto.
E promise di confermare tale offerta e donazione, sia della propria persona come delle sue sostanze, e di non revocarla mai anche se, per qualche ingratitudine o per qualsiasi altra causa, ve ne fosse ragione; che nel predetto luogo od ospedale siano sempre mantenuti con decoro i monaci, del predetto ordine, col priore.
Se poi avvenga che i monaci del detto luogo od ospedale eleggano il priore, questi deve essere confermato dal reverendo signore del vescovo di Rimini, e non siano eletti né confermati priori se non sacerdoti del predetto ordine.
Se poi dal vescovo di Rimini vengano eletti priori conversi o chierici secolari, questi dovranno essere confermati dal nostro signore il sommo pontefice, con libera sottomissione alla Chiesa o Curia Romana: e che sia data facoltà, al signor abbate di San Giuliano di Rimini con l’approvazione del signor nostro il papa, di avere vero e reale possesso di detto luogo od ospedale, e di propria autorità prendere e, preso, tenere il possesso del luogo od ospedale per la detta santa Romana Chiesa.
Così promise lo stesso fratel Amato, al predetto dom Salvo, ferma obbedienza come vuole Iddio e la regola di san Benedetto. E vestì l’abito dei monaci dell’ordine di san Benedetto.
Infine lasciò l’anima sua al signor nostro Gesù Cristo, e il corpo suo (da seppellirsi) nella cappella di detto ospedale.
Fatto nel predetto luogo od ospedale di santa Maria, nella suddetta cappella, in territorio del castello di Saludecio, presenti dom Biagio monaco di San Giuliano, dom Martino, dom Benedetto, dom Bernardo, dom Giovanni, monaci di San Gregorio in Conca ed altri testimoni.
E io Filippo del fu Nicola, di Ravenna ed ora di Rimini, notaio imperiale e giudice ordinario, sono stato presente a quanto sopra, ho scritto per volontà del predetto fratel Amato, ho redatto il presente in forma legale e l’ho segnato col mio sigillo e sottoscritto»[1]